di Luis Manuel Ruiz, “Revista Mercurio” (Fundación Juan Manuel Lara), traduzione di Gianluca Cataldo.

 

Terrore e fantastico. L’affermazione dirompente che il genere del terrore ha registrato fra le più giovani generazioni di narratori spagnoli si deve senza dubbio al successo parallelo che è andato affermandosi negli ambiti del fantasy e della fantascienza. È comune a molti degli autori di cui stiamo per parlare l’avere prima affilato le proprie armi nel fantasy eroico, nelle epopee spaziali o nel thriller e l’esser poi passati, dopo aver assimilato le strutture di questi generi, a quel livello di maggior approfondimento che la letteratura del terrore comporta.

 

Pertanto, questi scrittori non sono propriamente terroristi, o non in modo esclusivo: le loro narrazioni fluttuano tra la creazione di mondi paralleli, il racconto d’avventura, l’aneddotica macabra, la favola cibernetica, la profezia apocalittica. Se c’è qualcosa che li caratterizza, è l’assoluta noncuranza nei confronti dei confini di genere e delle ambientazioni tipiche.

 

Tre tracce. Compiendo uno sforzo di sintesi, potremmo individuare almeno tre tratti distintivi dei nuovi narratori del terrore spagnoli. Salvo eccezioni poco significative, la maggior parte di loro è nata nella decade degli anni settanta, aspetto che permette di cogliere un chiaro insieme di influenze culturali e formative comuni.

I tre tratti ai quali mi riferisco sono: 1. Gli esordi. Tutti, o quasi tutti, sono arrivati alla letteratura in modo laterale, senza essersi prima specializzati: le loro scuole sono state le fanzine, l’autopubblicazione e le pagine web. Per quanto riguarda il linguaggio, questo porta all’ovvia conseguenza di uno stile vicino al colloquiale, di grande velocità, che non sente il bisogno di metafore o di un apparato retorico più ampio di quello necessario a descrivere lo svolgersi degli eventi.

 

2. Le influenze. Le fonti principali dalle quali le loro trame attingono tendono a essere più di provenienza televisiva o cinematografica che propriamente letteraria, fonti alle quali si aggiungono i videogiochi o i giochi di ruolo. È questo il motivo per cui molte delle loro opere possono leggersi come appendici, revisioni o parodie delle grandi icone del terrore audiovisivo del secolo scorso: vampiri, uomini lupo, psychokiller e, soprattutto, zombi, zombi a non finire.

 

3. I canali. I mezzi di cui questi autori sono soliti servirsi per far sì che le la-notte-dei-morti-viventi-banner1loro creazioni raggiungano il pubblico coincidono solo in parte con quelli utilizzati da altri tipi di letteratura. Il fandom (fanatic kingdom: i devoti del genere) si propaga in maniera virale attraverso case editrici specializzate di scarsissima tiratura, antologie, incontri e congressi, forum su internet, associazioni, premi. Per questo, stelle indiscusse del terrore nazionale, come Emilio Bueso, vivono praticamente nell’anonimato per il lettore medio, sebbene possano contare sulla fedeltà e sulla devozione dei loro seguaci, i quali già da tempo vorrebbero vedere molte di loro candidate al Premio Cervantes.

 

I nuovi terrificanti: due precursori. È opportuno sottolineare la presenza nella nostra letteratura di due classici del terrore a cui spesso non si rende la dovuta giustizia e che, in qualche modo, proiettano la loro ombra sulle fila dei nuovi arrivati.

 

La-noche-de-Cagliostro-y-otros-relatos-de-terrorJosé María Latorre (1945-2014) si è cimentato nella critica cinematografica e nella narrativa per ragazzi prima di presentare la propria personale visione del romanzo gotico classico, quello con i castelli, le catene e i sudari. La noche de Cagliostro y otros relatos de terror (Valdemar, Madrid 2006) o En la ciudad de los muertos (Valdemar, Madrid 2011) sembrano essere stati riesumati dai fondi delle vecchie pellicole degli studi Hammer.

 

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E Pilar Pedraza (1951) può e deve essere classificata semplicemente come la più importante scrittrice del terrore vivente che abbiamo in Spagna. Autrice di opere che trascendono i confini dei generi e nelle quali convivono il fantastico, il bizzarro, il tenebroso e il filosofico, la Pedraza non ha cessato di stupire i propri sostenitori con le sue rivisitazioni di figure storiche (Ipazia in La perra de Alejandría, Valdemar, Madrid 2003) o dei più venerabili miti della tradizione macabra (il vampiro in La fase del rubí, Tusquets, Barcellona 1987; il licantropo in El síndrome de Ambrás, Valdemar, Madrid 2008).

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Francisco José de Goya y Lucientes, Il sabba delle streghe, 1797-98.

 

Entrambi gli autori compaiono nell’antologia che per i curiosi rappresenta sicuramente il miglior modo possibile di accostarsi all’attuale produzione letteraria del terrore in castigliano: Aquelarre (Salto de Página, Madrid 2010). L’indice riporta un elenco di nomi sui quali per ragioni di spazio non abbiamo la possibilità di soffermarci ma che vogliamo almeno accennare: Alfredo Álamo, Matías Candeira, Alberto López Aroca, Ángel Olgoso, Santiago Eximeno, Norberto Luis Romero, David Torres e altri.

 

Approfondendo. È giusto soffermarsi sugli autori che hanno acquisito maggior rilevanza per l’inusualità delle loro proposte.

 

Dalla valanga di nomi che i cataloghi degli editori offrono, citeremo il catalano Marc Pastor (1977), che sebbene non scriva in castigliano gode di grande notorietà nella cerchia culturale del terrore in Spagna. Il suo contributo più significativo al genere, L’any de la plaga (La Magrana, Barcellona 2010; El año de la plaga, traduzione di Marta Alcaraz Burgueño, RBA, Barcellona 2010), ricorre alla psicologia e rivisita un argomento caro al cinema degli anni cinquanta, ovvero l’invasione degli ultracorpi.

 

el-ano-de-la-plagaÈ opportuno ricordare anche Carlos Sisí (1971), capostipite di una delle mode che ha fatto più furore tra gli scrittori di questo genere nel nostro paese, il romanzo zombi. Sisí è autore della saga sui morti viventi più famosa degli ultimi tempi, Los caminantes (Dolmen Editorial, Palma di Maiorca 2009 e succ.), che è arrivata già al suo quarto volume e conta anche un fumetto. Nel libro è descritta un’invasione di zombi ambientata lungo la Costa del Sol di Malaga, con la conseguente lotta per la sopravvivenza di un pugno di semplici cittadini costretti a non poter più essere tali.

 

Il meglio, per il finale. Riservo l’ultimo paragrafo alle due più grandi figure della letteratura del terrore contemporanea con le quali il lettore vergine deve per forza confrontarsi se vuole davvero lasciarsi alle spalle questa spiacevole condizione.

 

Anzitutto, il navarro Ismael Martínez Biurrun (1972). Scrittore sopraffino, attento alla descrizione degli ambienti e alla caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi, Biurrun intraprende in Mujer abrazada a un cuervo (Salto de Página, Madrid 2010) un esperimento in stile gotico contemporaneo, trasponendo ai giorni nostri l’antico terrore nei confronti della peste che devastò il cuore dell’Europa.

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In El escondite de Grisha (Salto de Página, Madrid 2011) imbastisce una metafora su cosa significhi essere orfani attraverso il ritorno, nel desolato scenario di Chernobyl, di due personaggi antagonisti.

E nel suo più recente Un minuto antes de la oscuridad (Fantascy, Barcellona 2014), gioca con i generi per presentarci un ritratto tra il drammatico e l’assurdo delle paure più radicate nell’uomo contemporaneo.

Biurrun è senza dubbio un autore che avrebbe potuto affermarsi con uguale disinvoltura in qualsiasi altro campo, e che ha scelto il terrore per convinzione estetica.

Non si può dire lo stesso di Emilio Bueso (Castellón de la Plana, 1974), la cui opera trova il proprio radicamento nel disagio, nell’angoscia e nel disgusto dell’individuo nei confronti della società contemporanea.

 

Il titolo più noto di Bueso, Cenital (Salto de Página, Madrid 2012), descrive un futuro nel quale domina il el-ano-de-la-plaga-2cannibalismo, conseguente all’esaurimento dei combustibili fossili sul nostro pianeta.

Bueso aveva già tentato il successo in compagnia dei fantasmi, in Noche cerrada (Verbigracia, Bilbao 2007), e dei vampiri, in Diástole (Salto de Página, Madrid 2011), ai quali ha conferito uno stile colloquiale proveniente dal realismo sporco e dalla maggior parte delle virtù e dei difetti della letteratura da fanzine, nella quale si è formato per anni.

Narratore particolarmente potente e privo di complessi di inferiorità, il suo ultimo contributo è una rivisitazione dei miti di Lovercraft in Extraños Eones (Valdemar, Madrid 2014).

 

 

 

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