di Patti M. Marxsen, “Necessary Fiction”, traduzione di Cecilia Raneri.

 

La rubrica Translation Notes invita i traduttori letterari a descrivere il processo di traduzione in inglese di libri di recente pubblicazione o a offrire scorci sulle letterature mondiali dalle quali traducono. In questo numero, Patti M. Marxsen presenta un’introduzione alla letteratura haitiana.

 

Tanto tempo fa, prima della brutale “scoperta” di Cristoforo Colombo del 1492, il luogo che oggi conosciamo come Haiti era una lussureggiante isola tropicale chiamata Quesqueya e abitata da più di un milione di indiani Arawak. La Spagna ben presto rivendicò la regione come Española (Hispaniola, isola spagnola) e nell’arco di mezzo secolo i conquistadores annientarono quasi completamente la popolazione indigena. Tra le vittime ci fu una coraggiosa regina Arawak, Anacaona, divenuta leggendaria per essere stata arsa sul rogo. A Haiti, Anacaona è ancora oggi un modello, una martire per la causa della resistenza contro il potere straniero.

 

Alla fine del XVII secolo gli spagnoli avevano concentrato i loro interessi sul versante orientale di Hispaniola, ponendo le basi di quella che in seguito sarebbe diventata la Repubblica Dominicana. I francesi riempirono il vuoto creatosi nella metà occidentale dell’isola, che, durante il regno di Luigi XIV (1643-1715), divenne la colonia francese di Santo Domingo. Grazie a un’economia fondata sulla schiavitù e all’incessante richiesta europea di zucchero, caffè e indigofere [le piante dalle quali veniva estratto il colore indaco, ndt], la colonia francese prosperò. Il benessere senza precedenti generato da Santo Domingo creò rapidamente una nuova “classe media” anti-monarchica nella Francia del diciottesimo secolo. Ma nemmeno i fautori degli ideali di “liberté, egalité et fraternité” erano preparati, al momento della sua comparsa, alla rivolta degli schiavi, cui seguì l’istituzione della prima repubblica nera nel 1804.

 

Quando, nel dicembre del 1803, un esercito di schiavi ribelli riuscì finalmente a sconfiggere i ventimila soldati francesi inviati a Santo Domingo dal primo console Napoleone Bonaparte, la rapida costituzione di Ayiti, o “terra delle alte montagne”, rappresentò un vero e proprio shock per il mondo occidentale. La nuova nazione non solo aveva messo in discussione i valori europei, ma il suo temerario leader (Jean-Jacques Dessalines) aveva terrorizzato i proprietari terrieri francesi che avevano investito nell’economia fondata sulla schiavitù di Santo Domingo. Per molti, la temeraria impudenza della rivoluzione nera giustificò l’isolamento sociale, politico ed economico della Repubblica di Haiti. Come se non bastasse, la Francia pretese risarcimenti per un totale di centocinquanta milioni di franchi. Anche se questa somma sconcertante fu poi ridotta a sessanta milioni di franchi nel 1838, il debito non poté essere estinto fino al 1947.

 

World_nomads_haitiMentre stava scrivendo il suo romanzo storico in tre volumi sulla battaglia per l’indipendenza di Haiti, Madison Smartt Bell definì la rivoluzione haitiana (1791-1804) “l’evento meno riportato dalle cronache della storia moderna”. Infatti, ancora oggi, è quasi impossibile trovare anche soltanto una nota a piè di pagina che menzioni il conflitto in una qualsiasi delle innumerevoli biografie di Napoleone I. Ciò detto, negli ultimi vent’anni una nuova generazione di storici ha documentato l’indipendenza di Haiti e le sue conseguenze sul lungo termine con una considerevole quantità di studi, come per esempio: From Dessalines to Duvalier: Race, Color, and National Independence in Haiti di David Nicholls[1], Taking Haiti: Military Occupation and the Culture of u.s. Imperialism 1915-1940 di Mary A. Renda[2], e Haiti: The Aftershocks of History di Laurent Dubois[3].

 

Ma l’opera degli storici è solo una delle chiavi di accesso alla complessità di Haiti. Ugualmente importante è il sontuoso arazzo della letteratura haitiana, che amplia la dimensione storica attraverso più di un secolo di poesia, racconti e romanzi, ed esprime verità che esulano dalla mera comprensione della storia. Inoltre, nonostante l’isolamento di Haiti – o forse proprio a causa di esso – gli scrittori haitiani hanno fatto della letteratura uno specchio vitale della loro società, nella quale è raro che esistano altri specchi, eccezion fatta per la metafora profondamente sentita del mare come specchio (morire a Haiti significa infatti passare “dall’altra parte dello specchio”). Difficilmente una qualsiasi altra letteratura moderna si è intrecciata con la politica e con la storia in modo così intimo e pervasivo come quella di Haiti. Difficilmente una qualsiasi altra letteratura moderna ha una storia tanto lunga e straziante da raccontare.

 

Uno degli aspetti più emblematici della cultura letteraria di Haiti sta nel fatto che la maggior parte della sua letteratura, specialmente negli ultimi decenni, è opera di scrittori in esilio[4]. Scrittori che hanno preso parte alla “fuga dei cervelli” dell’era Duvalier (1957-1986) che si è conclusa con una diaspora di circa due milioni di haitiani, dei quali quasi la metà emigrati negli Stati Uniti. Alcuni di essi, come Edwidge Danticat, scrivono in inglese, mentre la maggior parte della letteratura haitiana moderna è stata scritta in francese da scrittori che hanno conservato forti legami con l’Europa, gli Stati Uniti e il Canada.

Ma, a prescindere dall’indirizzo dei singoli scrittori, l’immaginario haitiano si è tramandato per mezzo di una “narrativa” contraddistinta da un perturbante realismo che si pone quasi in antitesi con le categorie di romanticismo e realismo, come con altre tendenze tipicamente occidentali. In un certo senso, queste categorie, rifacendosi alla dicotomia di matrice occidentale soggetto/oggetto, banalizzano e non riescono a cogliere lo spirito comunitario della letteratura haitiana. Molto spesso, infatti, la Haitian Lit è incentrata su legami familiari che trascendono le generazioni e che si fondano nelle comunità familiari allargate dei lakou, ristrette organizzazioni di spazi abitativi, composte da tendoni comuni nei quali poter cucinare e condurre vita comunitaria, molto diffuse nella Haiti rurale. I dibattiti sul modello “romanticismo vs realismo” tendono inoltre a trascurare un’altra “famiglia” specificamente haitiana, l’onnipresente pantheon degli spiriti vudù, gli Iwa, che compaiono come personaggi in quasi tutte le opere di letteratura haitiane nel ruolo di consiglieri, modelli, guardiani e/o demoni.

 

Per coloro che sentono il bisogno di orientarsi con le categorie letterarie, già nel 1943 il romanziere cubano Alejo Carpentier attribuì a Haiti il merito di aver ispirato il movimento letterario latinoamericano noto come realismo magico (anche chiamato “reale meraviglioso”)[5]. E quando lo scrittore haitiano Jacques Stephen Alexis tenne un discorso a Parigi nel 1956, durante il primo Congresso internazionale degli scrittori e artisti neri, lo intitolò Del reale meraviglioso degli haitiani. In quel discorso Alexis tornò sulle connessioni tracciate da Carpentier riguardo l’intreccio esclusivamente haitiano tra cultura indiana precolombiana, influenze africane e realtà dell’Europa e degli Stati Uniti, e sul ruolo di tale intreccio nel plasmare la storia e la cultura di Haiti.

 

“L’arte haitiana, in effetti, mostra il reale insieme con il suo corollario di bizzarro e fantastico, di sogno e world_nomads_haiti_2penombra, di mistero e meraviglia…” disse Alexis[6]. Il riferimento all’immaginario onirico contenuto in questa dichiarazione suggerisce l’esistenza di un collegamento tra il realismo magico di Haiti e il surrealismo francese, che era altrettanto presente nella mente degli appartenenti alla generazione di Alexis, specialmente dopo la visita di André Breton a Haiti nel 1945. Ma il discorso di Alexis andò oltre il mondo dei sogni per sconfinare nel “magico” quotidiano radicato nel “realismo” della vita di Haiti, dove la presenza psichica e spirituale dello “strano e del fantastico” è intrecciata con le complesse personalità quasi-umane degli spiriti vudù.

Come sappiamo dai suoi romanzi, Alexis aveva compreso quanto questi spiriti fossero percepiti come reali dai contadini haitiani, i quali sentono la presenza tangibile degli Iwa: potenti entità, concrete quanto basta da poter scendere sulla terra e prendere parte all’umana lotta di emozioni, bisogni e desideri. Comprese anche che il realismo magico nel contesto haitiano assimilava fatti improbabili della storia di Haiti che non di meno ne avevano segnato la “vita reale” per generazioni: la colonizzazione, la schiavitù, la rivoluzione nera, l’esclusione sociale, la prolungata occupazione americana (1915-34), la corruzione sistemica e la brutale dittatura Duvalier, cercando di rovesciare la quale Alexis avrebbe trovato la morte nel 1961.

 

Questa triste sequela spiega perché è così importante usare con cautela i termini letterari più diffusi e gli assunti occidentali nel contesto haitiano. Su quest’isola bellissima e martoriata, la letteratura ha rappresentato uno dei pochi strumenti con cui la memoria collettiva, al centro di disastri naturali e distruzioni artificiali, si è potuta preservare. Infatti, il potere della Haitian Lit è la sua abilità nel trasformare la realtà oggettiva in qualcosa di duraturo attraverso la “magia” della narrazione, che legittima moti interiori e manifestazioni esteriori dell’essere. Il risultato ha un valore sia documentale che spirituale, allo stesso tempo credibile e bizzarro, specialmente nell’universo del romanzo, nel quale lo scrittore ha il tempo di sviluppare i passaggi necessari, le molteplici voci, le spinte politiche sotterranee e le ragioni storiche essenziali per la cultura di Haiti.

 

La letteratura di Haiti, ogni volta che racconta una storia, deve confrontarsi con un passato complesso e con un presente impegnativo. Nonostante tutto ciò che è accaduto da quando gli indiani Arawak videro le prime navi all’orizzonte, incluso il devastante terremoto del 2010, la letteratura haitiana offre al mondo una fiera e indistruttibile eredità. La letteratura di Haiti è un mondo vasto e affascinante che emana da un luogo piccolo e dalle sue voci esiliate; un mondo tragico nel quale le persone si svegliano ogni mattina condividendo la consapevolezza che ciò che sembra esistere è pieno di mistero e potrebbe cambiare o svanire in ogni momento. Nelle mani di scrittori sensibili e di talento, come quelli elencati di seguito, la letteratura moderna di Haiti parla di amore, tempo, violenza e di una bellezza quasi insopportabile. Evoca le arti della “magia” e reclama di essere ascoltata in un mondo pieno di scetticismo.

 

Alcuni romanzi haitiani esistenti in inglese:

  1. Jacques Stephen Alexis (1922-1961), Compère Général Soleil, Gallimard, Parigi 1955; General Sun, My prix-feminaBrother, traduzione di Carroll F. Coates, University of Virginia Press, Charlottesville 1999.
  1. Madison Smartt Bell (1957), All Souls’ Rising, Pantheon Books, New York 1995; Quando le anime si sollevano, traduzione di Bona Flecchia, Instar Libri, Torino 1999; Alet Edizioni, Padova 2004. Master of the Crossroads, Pantheon Books, New York 2000; Il signore dei crocevia, traduzione di Stefano Bortolussi, Alet Edizioni, Padova 2004. The Stone that the Builder Refused, Pantheon Books, New York 2004; Il Napoleone nero, traduzione di Emiliano Bussolo, Alet Edizioni, Padova 2008. [I volumi compongono la trilogia sulla rivoluzione di Haiti, ndt].
  2. Marie Vieux-Chauvet (1916-1973), Amour, colère et folie, Gallimard, Parigi 1968; Maisonneuve & Larose / Emina Soleil, Parigi 2005; Love, Anger, Madness: A Haitian Trilogy, traduzione di Rose-Myriam Rejouis e Val Vinokur, Modern Library, New York 2009; Amore rabbia follia, traduzione di Marina Rotondo, Bompiani, Milano 2007.
  3. Edwidge Danticat (1969), The Farming of Bones, Soho Press, New York 1998; La fattoria delle ossa, traduzione di Maria Clara Pasetti, Piemme, Casale Monferrato 2005.
  4. Edwidge Danticat, The Dew Breaker, Knopf, New York 2004; Il profumo della rugiada all’alba, traduzione di Maria Clara Pasetti, Piemme, Casale Monferrato 2012.
  5. René Depestre (1926), Hadriana dans tous mes rêves, Gallimard, Parigi 1988; Hadriana in All My Dreams, traduzione di Carrol F. Coates, Johns Hopkins University Press, Baltimora 1992; Hadriana in tutti i miei sogni, traduzione di Ada Ceruti, Zanzibar, Milano 1991; Giunti, Firenze 1999.
  6. Dany Laferrière (1953), Le goût des jeunes filles, Éditions VLB, Montréal 1992; vlb, Montréal 2004; Grasset, Parigi 2005; Dining with the Dictator, traduzione di David Homel, Coach House Press, Toronto 1994.
  7. Yanick Lahens (1953), La Couleur de l’aube, Sabine Wespieser, Parigi 2008; Presses Nationales d’Haïti, Port-au-Prince 2008; The Color of Dawn, traduzione di Alison Layland, Seren Books, Bridgend 2013; Il colore dell’alba, traduzione di Laura Mammarella, illustrazioni di Roberto Mastai, Barbès, Firenze 2010.
  8. Jean Metellus (1937), La Famille Vortex, Gallimard, Parigi 1982; The Vortex Family, traduzione di Michael Richardson, Peter Owen Ltd, Londra 1996.
  9. Paulette Poujol-Oriol (1926-2011), Le Passage, Le Natal, Port-au-Prince 1996; Deschamps, Port-au-Prince, 2008; Vale of Tears, a Novel from Haiti, traduzione di Dolores A. Schaefer, Ibex Publishers, Washington 2006.
  10. Jacques Roumain (1907-1944), Gouverneurs de la rosée, L’Imprimerie de l’Etat, Port-au-Prince 1944; Masters of the Dew, traduzione di Langston Hughes e Mercer Cook, Reynal & Hitchcock, New York 1947; una pubblicazione più recente di questo “classico” è disponibile online dal sito di Caribbean Studies Press, divisione di Educa Vision Inc.: www.caribbeanstudiespress.com; Il giorno sorge sull’acqua, traduzione di Egidio Bianchetti, Istituto editoriale italiano, Milano 1948; Signori della rugiada, traduzione di Alessandro Costantini, Edizioni Lavoro, Roma 1944; Fabbri, Milano 1996.
  11. Lyonel Trouillot (1956), Les Enfants des héros, Actes Sud, Arles 2002; Children of Heroes, traduzione di Linda Coverdale, University of Nebraska Press, Lincoln 2008; I figli degli eroi, traduzione di Maria Valeria Caredda, Atmosphere, Roma 2011.

 

   E alcuni romanzi haitiani non ancora tradotti in inglese:

      1. Jacques Stephen Alexis, Les arbres musiciens, Gallimard, Parigi 1957; 1984; Gli alberi musicanti, Trouillottraduzione di Elisabetta Sestini, Fabbri, Milano 1999.
      2. Yanick Lahens, Bain de lune, Sabine Wespeiser, Parigi 2014 (vincitore del Prix Femina 2014).
      3. Jacques Roumain, La montagne ensorcelée, prefazione di Jean Price-Mars, Imprimerie E. Chassaing, Port-au-Prince 1931; Éditeurs français réunis, Parigi 1972; Fardin, Port-au-Prince 1976; Mémoire d’encrier, Montréal 2005.
      4. Lyonel Trouillot, La Belle Amour humaine, Actes Sud, Parigi 2013.
      5. Marie Vieux-Chauvet, Fille d’Haïti, Fasquelle, Parigi 1954 (Prix de l’Alliance Française).

 

 

[1] Macmillan, Basingstoke, Londra 1996.

[2] UCP Press, Londra 2001.

[3] Metropolitan Books, New York 2013.

[4] Il censimento usa del 2010 ha rilevato 975.000 haitiani-americani.

[5]   Dopo la sua visita a Haiti nel 1943, Carpentier parlò pubblicamente di Haiti come l’origine di questo fenomeno letterario latinoamericano.

[6]   Il discorso di Alexis è stato pubblicato della rivista francese “Presénce Africaine”. La frase citata è tratta dall’introduzione alla traduzione inglese di Carrol F. Coates del romanzo più conosciuto di Alexis, Compère Général Soleil (Gallimard, Parigi 1983).

 

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