di Cecilia Raneri
L’ultimo focus sull’editoria indipendente brasiliana (qui trovate il precedente) è dedicato ai progetti di Vanderley Mendonça, editore di Selo Demônio Negro, e di Fabiano Curi, direttore editoriale di Carambaia. Due micro case editrici che custodiscono intatto il culto del “fare editoria”, prestando massima attenzione al catalogo e all’oggetto libro visto come vera e propria “opera tipografica”. Tirature limitatissime, copie numerate, libri costruiti come pezzi d’arte che finiscono esposti nei grandi musei, premi Nobel in catalogo accompagnati dal meglio della produzione narrativa e poetica contemporanea, ma anche dai grandi classici. Un modello antimajor che accompagna l’intero progetto editoriale, dalla scelta degli autori all’ultima copia venduta, e che negli ultimi tempi ha permesso ai piccoli editori brasiliani di assistere al crollo dei grandi colossi editoriali.
Selo Demônio Negro nasce a San Paolo del Brasile per opera di Vanderley Mendonça. Da sempre si occupa di proporre ai propri lettori libri confezionati artigianalmente, nell’ottica di “riscattare la tradizione dei grandi maestri stampatori del passato”. Insieme a Demônio Negro, Mendonça ha dato vita anche al progetto editoriale Edite che pubblica le opere del collettivo di artisti brasiliani da cui prende il nome.
Vanderley, qual è la storia di Demônio Negro?
Si può dire che Demônio Negro è un progetto tutto mio. Dopo aver studiato tipografia, ho deciso di dedicarmi a produrre libri che avessero una cura estetica sofisticata. Per farlo avrei usato le tecniche di stampa tipografica che avevo imparato studiando tipografia in Germania. Il mio progetto era quello di riscattare la tradizione dei grandi maestri stampatori del passato, come Aldo Manuzio.
Manuzio è stato la mia principale ispirazione. È stato lui a creare il modello di libro che usiamo ancora oggi, a dare vita all’estetica contemporanea del libro e dopo di lui non siamo ancora riusciti a cambiare niente. Sì, si sono modificate le tecniche di stampa, ma la forma dell’oggetto libro è ancora quella che si è formata fra la fine del quindicesimo e l’inizio del sedicesimo secolo.
Il marchio Demônio Negro nasce quindi proprio da quella volontà di pubblicare libri che avessero una sofisticata estetica tipografica. Da quel momento ho cominciato a pubblicare e sono diventato un editore. Nonostante le tirature minime, volevo comunque dare al mio lavoro un senso, volevo essere un vero editore. E allora ho deciso di fare tutto da solo, a partire dall’acquisto dei diritti. Sono stato agente letterario, editore, traduttore, tipografo e libraio. Le tirature erano limitate proprio perché la rilegatura era completamente manuale. Importavo tessuti dalla Germania per le copertine e stampavo a caldo con lastre di zinco, hot stamping con l’uso di cliché.
Il lavoro ha “ingranato” soprattutto dopo che ho cominciato a comprare i diritti di traduzione di nomi importanti della poesia, come Ezra Pound, Octavio Paz, Ramón Gómez de la Serna, un autore spagnolo che è stato pubblicato pochissimo anche in Spagna. Tutti libri che erano ancora inediti in portoghese. Ho pubblicato anche classici della letteratura brasiliana come Sousândrade (pseudonimo di Joaquim de Sousa Andrade), uno scrittore epico brasiliano del XIX secolo, che era stato pubblicato solo in Inghilterra ed era rimasto senza un’edizione in portoghese per quasi cento anni.
Insieme a Demônio Negro hai poi fondato anche una nuova casa editrice, la Edite. Quali sono state le esigenze che ti hanno portato alla creazione di un altro marchio editoriale?
Durante il percorso della Demônio Negro, il mio amico scrittore Marcelino Freire mi ha invitato a fare parte di un collettivo di nome Edite. In Edite ci sono varie personalità – cineasti, artisti, fotografi, scrittori – e tutti, oltre a occuparsi del loro campo artistico, scrivono. Marcelino mi ha invitato a fare parte del collettivo come editore, perché tutti potessero pubblicare le loro opere. Ho deciso di accettare ed è nata la casa editrice Edite.
Edite ha obblighi solo verso i suoi componenti. Ovvero noi autori ne siamo anche gli editori, e il criterio editoriale, come quello di Demônio Negro, è unicamente letterario. Appena abbiamo cominciato a stampare, gli autori sono stati chiamati a partecipare con i propri libri a diversi premi letterari e hanno iniziato a vincere. Edite ha vinto due premi Jabuti, e anche Demônio Negro altri due, così, tra l’una e l’altra casa editrice, abbiamo vinto quattro Jabuti in maniera consecutiva. Abbiamo poi vinto anche altri premi, come quello della Biblioteca Nacional, che è il più importante del Brasile, e molte volte siamo stati finalisti in altre manifestazioni.
Qual è la differenza tra i due progetti editoriali?
La principale differenza è che Edite pubblica autori contemporanei brasiliani, mentre Demônio Negro pubblica, oltre a poesia e prosa sperimentali, anche testi classici, a volte persino ancora inediti in Brasile. E, nel caso della poesia e della prosa sperimentali, le opere scelte sono già riconosciute come veri e propri “classici” o comunque sono sempre opere di scrittori e poeti maturi dal punto di vista estetico. Non molto tempo fa, per esempio, ho pubblicato una poetessa del nordest del Brasile che si chiama Jussara Salazar[1]. È uno dei libri più importanti della poesia contemporanea brasiliana.
Contenuto letterario e valore estetico dell’opera sono dunque i cardini che sostengono entrambi i tuoi progetti.
Sì, l’estetica è l’aspetto principale, il libro è pensato come un tutto. E dunque anche come un oggetto, di arte grafica ovviamente. Se si sottovaluta questo aspetto, si va fatalmente contro il lettore. Credo che il lettore di narrativa, così come il lettore di poesia, sia il lettore esigente per eccellenza. E quello che sta succedendo nel mondo oggi, la bancarotta degli editori e delle librerie nel nostro paese, per esempio, è frutto di questa mancanza di rispetto verso il lettore. Il lettore di letteratura è colui che compra i libri. Credo che alcuni editori e le grandi librerie abbiano perso di vista questo punto. Hanno cercato di espandersi per raggiungere altri tipi di lettore, ma nel momento della crisi, quello che hanno considerato “lettore” è stato il primo che ha smesso di comprare libri. Il vero lettore invece non smette mai. Adesso queste grandi catene, come per esempio la Fnac, sono diventate un circo, vendono di tutto e i libri non sono per forza la loro merce principale. E trasformare una libreria in un parco di divertimenti, con spazi dove i bambini possono giocare e cose di questo tipo, credo che sia un grande errore.
Non è solo colpa della crisi, intendiamoci, è che si è perso il punto di messa a fuoco, che per me, ripeto, è sempre il lettore. Il vero lettore compra libri in qualunque luogo del mondo li trovi, è un ricercatore. Il grande lettore, quasi sempre, scrive. Magari non scrive letteratura ma scrive come giornalista, come saggista, come ricercatore, compra libri in varie lingue ed è interessato alle edizioni bilingue, nel caso della poesia. È un mondo molto grande, e credo che si sia persa un po’ la comprensione di questo.
Il risultato è quello che vediamo: realtà come Fnac che chiudono i battenti, librerie come la Livraria Cultura[2] sull’orlo del fallimento. E credo che episodi come questi saranno ancora più frequenti nei prossimi anni. I giganti come Amazon domineranno il mercato. È impressionante che Amazon venda libri in Brasile! Vende più libri di carta di tutti gli altri perché rappresenta il modo più facile e più economico. E le librerie, con la loro pratica di far pagare una percentuale molto alta alle case editrici e di saldare i conti con gli editori dopo tempi molto lunghi, hanno allontanato gli editori che pubblicano realmente letteratura e poesia.
Forse è anche per questo che in Brasile le fiere del libro sembrano essere così importanti, tanto più per i piccoli e medi editori?
Il mercato si riadatta sempre. La Feira Plana, per esempio, e le altre fiere rappresentano nuovi mezzi di distribuzione e di pubblicazione. C’è una relazione diretta tra editore e lettore. E situazioni come queste sono sempre più numerose e frequenti. C’è molto fermento. Inoltre è una forma di incontro che genera collaborazioni.
Nel 2016, durante la Feira Plana, ho avviato una collaborazione con una casa editrice portoghese e con una messicana. Siccome costa caro sia importare sia esportare libri, abbiamo deciso di condividere i file dei nostri libri e così ognuno di noi può pubblicarli nel suo paese, a tirature molto basse. Se avessimo voluto spedirci le copie, i costi di spedizione sarebbero stati pari al valore della produzione. Se io per esempio dovessi inviare 100 libri in Messico o in Portogallo, il costo sarebbe quasi uguale a quello di produrre 100 esemplari di quel libro, quindi abbiamo capito che una soluzione poteva essere pubblicare insieme i libri e stamparli ognuno per sé. Io ho progettato un tipo di formato che può essere stampato con qualunque sistema senza bisogno di cambiarne le caratteristiche. Può essere stampato in risografia, in tipografia, in digitale, in offset. È sempre lo stesso libro e il macchinario non riesce a percepirne la differenza.
Infine, un altro punto dolente dal punto di vista dei costi è che spesso le piccole case editrici non possono permettersi di pagare i diritti. O pagando i diritti non avrebbero i soldi poi per pubblicare. Io sono forse l’unica micro casa editrice del mondo che paga i diritti d’autore. Ho comprato Ezra Pound, Octavio Paz e altri grandi autori, per esempio. Siccome traduco dal catalano, ho comprato anche diversi catalani. Per esempio, ho acquistato i diritti per un’antologia di Joan Brossa, un poeta che fa poesia visuale. E in questo caso ho dovuto ovviamente pagare anche il fotografo!
Cosa pensi che succederà alle case editrici indipendenti qui in Brasile? Che sorte aspetta il loro mercato editoriale?
Penso che gli editori indipendenti che non dominano il sistema di produzione saranno tutti costretti a chiudere, perché verranno coinvolti nello stesso fenomeno che ha portato le grandi case editrici alla rovina. Diventeranno dipendenti dalla produzione. Vendere libri è difficile e sempre più caro. Quando vendo libri online, li vendo alla meta del valore che quel libro avrebbe se fosse venduto in libreria, perché la libreria tiene per sé il 50% del prezzo di copertina.
Tuttavia, c’è anche un lato positivo. I miei libri hanno una tiratura molto bassa, per questo, appena le copie terminano, quegli stessi titoli cominciano a essere commercializzati nei negozi di libri usati online e vengono venduti a prezzi molto alti, diventano oggetti di culto: è successo per esempio con Pound o Paz o con Augusto de Campos. Questa è una cosa ottima per il marketing del mio marchio. Non molto tempo fa ho visto un libro di Augusto de Campos venduto in alcuni negozi virtuali negli Stati Uniti e Augusto è forse il più importante poeta brasiliano vivente e il suo libro una vera e propria opera. Perfino il museo Guggenheim ne ha comprati tre esemplari per un’esposizione e lo stesso ha fatto una galleria di Londra. Ne sono stati pubblicati solo 120 esemplari.
Dal punto di vista editoriale, io credo che il mio sia un lavoro importante. Se non hai questa convinzione non sopravvivi. Non è solo la crisi o il mercato. Ciò che mantiene vivo un progetto è la lotta, l’insistenza, sentirsi nella condizione di voler andare avanti, insistendo. Un esempio che mi piace molto è quello della casa editrice francese Minuit. Anche in questo caso il criterio di pubblicazione è di altissimo valore estetico. Hanno almeno due premi Nobel tra i loro autori, e uno di loro è Beckett. Anche Minuit ha già pubblicato diverse volte titoli in cento esemplari o edizioni numerate.
A proposito di numero di esemplari, come stampi i tuoi libri? Ti occupi anche di questo, disponi dei macchinari necessari o ti rivolgi a un tipografo di cui hai completa fiducia?
Possiedo una stampante tipografica che stampa in hot stamping e ho una collaborazione con alcuni colleghi che si occupano di risografia. La verità è che io mi servo di un misto di varie tecniche, mescolo la stampa digitale con la stampa tipografica e con tutte le tecniche, non sono uno fissato solo con la tipografia, nonostante sia un tipografo. Mi piacciono anche i libri elettronici. Ho anche avviato una collaborazione con una casa editrice di dimensioni più grandi, la Hedra, che commercializza e distribuisce i miei libri con tirature maggiori, quindi anche così posso mescolare un po’ di tecniche. Posso stampare digitalmente il testo e poi, per le copertine, mescolare stampa digitale e alcune rilegature specifiche per dare un tocco più raffinato ad alcuni titoli, come i classici di cui ho parlato, o Paz che è un premio Nobel – immaginati una micro casa editrice che ha un premio Nobel nel catalogo!
Fabiano Curi è il direttore editoriale di Carambaia, micro casa editrice di San Paolo del Brasile nata nel 2014. Carambaia pubblica solo classici in edizione limitata, prestando massima attenzione al progetto grafico.
Puoi spiegarmi qual è la vostra idea di grafica editoriale e perché credete che sia tanto importante nel processo di pubblicazione?
La nostra casa editrice si propone di pubblicare opere per lettori esperti, che consumano molti libri. Questo pubblico in genere dà valore non soltanto al testo, ma anche all’edizione che lo contiene. Per questo vogliamo che la qualità delle nostre edizioni sia compatibile con le opere che pubblichiamo. Lavoriamo con testi di autori i cui diritti rientrano nel dominio pubblico, libri che per questo si possono trovare in vendita anche in edizioni molto economiche o persino gratuite in formato digitale.
Nonostante questo, i lettori cercano i nostri libri perché sanno quanta attenzione e quanta cura mettiamo nella loro edizione e nel progetto grafico.
Chi crea i vostri progetti grafici, ve ne occupate all’interno della casa editrice o coinvolgete degli artisti a occuparsene?
Ogni progetto è fatto da un artista diverso, che ci sottopone una proposta specifica per l’opera. Vogliamo libri molto diversi tra loro e dunque abbiamo sempre bisogno di idee nuove. Selezioniamo gli artisti in base al lavoro che hanno già fatto per altri clienti, in base al loro portfolio. In Brasile ci sono diversi artisti molto bravi in questo settore. Loro ci presentano i lavori, ma siamo noi ad avere l’ultima parola. Del resto, i progetti che ci vengono proposti in genere sono talmente buoni che non è difficile decidere di approvarli. Il più delle volte possiamo al limite avere bisogno di fare alcuni aggiustamenti per via del prezzo della carta o del formato del libro, ma senza cambiare mai l’essenza del progetto.
Come scegliete gli autori da pubblicare con Carambaia? Sono principalmente brasiliani o anche stranieri?
Anzitutto, come dicevo, devono essere autori le cui opere rientrano nel dominio pubblico. Lavoriamo con romanzi, racconti, testi di cronaca e teatro. Presto pubblicheremo anche saggi. Per quanto riguarda la nazionalità, non ci sono restrizioni. Cerchiamo, per quanto possibile, autori nei paesi più diversi. In genere siamo noi stessi a selezionare le opere che poi pubblichiamo, ma alcune volte le individuiamo anche grazie ai suggerimenti dei nostri traduttori.
Qual è la tiratura media delle pubblicazioni di Carambaia? Cambia per ogni titolo o è sempre la stessa?
Stampiamo sempre 1000 esemplari numerati a mano e non facciamo riedizioni o ristampe.
Come funziona la distribuzione dei libri? Ci sono alcune librerie specifiche dove collocate i vostri libri oppure li distribuite nelle grandi librerie?
Vendiamo soprattutto attraverso il nostro sito. Lavoriamo con alcune – poche – librerie che hanno accettato la nostra politica di sconti, che è diversa da quella praticata normalmente dal mercato. Al momento, stiamo prendendo in considerazione l’idea di partecipare a più fiere ed eventi, che sono un buon canale di vendita per le piccole case editrici.
Le vendite sono sufficienti per coprire le spese di produzione oppure è difficile arrivare a risultati importanti anche se la qualità del vostro prodotto è molto alta?
Attualmente non sono sufficienti. Questo progetto prevede un ritorno economico dopo circa sette anni. Rispetto alla nostra pianificazione iniziale, stiamo vendendo più di quanto avremmo sperato in un momento di crisi come questo. Se mantenessimo questo ritmo, potremo avere un ritorno anche un po’ prima del previsto.
Puoi darci un’opinione sulla situazione attuale del mondo dell’editoria indipendente in Brasile? Sei d’accordo con chi crede che il grande mondo editoriale brasiliano sia in crisi?
Non so dire se quel mondo sia totalmente in crisi. Il movimento naturale delle grandi case editrici funziona per fusioni, attraverso vendite di marchi e lanci di novità effimere che vendono molto. Le piccole case editrici, dal canto loro, approfittano delle nuove possibilità di stampa on demand, dei libri digitali, della possibilità di pubblicare in formati che abbiano costi più bassi, per fasce di pubblico specifiche, approfittano del commercio elettronico, degli eventi e di una serie di altri fattori che hanno facilitato la produzione, la distribuzione e la vendita dei libri negli ultimi anni. Le piccole case editrici, che sono più flessibili, percorrono un cammino diverso rispetto alla grande editoria, che è fortemente dipendente dalla rete delle librerie, ormai in declino, e dalle acquisizioni governative. In sostanza, se analizziamo lo scenario completo potremmo dire che il mercato editoriale affronta delle difficoltà, ma non mi sembra che per i piccoli editori la situazione sia così terribile.
[1] Jussara Salazar, Fia, Selo Demônio Negro, San Paolo del Brasile 2016.
[2] Una catena brasiliana di librerie con sede in tutte le principali città del Brasile.