“Grafias” incontra gli ideatori di tre fra i progetti editoriali graficamente più interessanti del panorama francese: Olivier Gadet (Éditions Cent pages), Renaud Buénerd (Les éditions du Chemin de fer) e Laure Leroy (Zulma). E a chi ritiene che riconoscere centralità alla resa visiva dei libri corrisponda a porre in secondo luogo la qualità delle pubblicazioni, rispondono con tre netti modelli editoriali: pubblicare solo i libri che si desidera leggere, creare una domanda al momento non presente sul mercato, stampare esclusivamente opere che non legge nessuno. Uno spaccato sull’editoria indipendente francese (non solo) graficamente impegnata.

di Cecilia Raneri

 

Linea editoriale, progetto grafico, filosofia di pubblicazione

Contraddistinte da una veste immediatamente riconoscibile nel pur vasto mondo dell’editoria francese, Éditions Cent pages, Les éditions du Chemin de fer e Zulma sono tre case editrici che hanno scelto di attribuire al progetto grafico un ruolo fondamentale e inscindibile dalla stessa linea editoriale. Secondo precise scelte estetiche, le opere pubblicate da ognuno di questi editori sono uniche e sposano un’idea di libro dal forte impatto visivo.

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Ovviamente, la cura grafica non è sinonimo di minore attenzione ai contenuti delle opere. Al contrario, ognuno di questi editori ha scelto di perseguire un indirizzo di alta qualità letteraria, anteponendo in tutti i casi le scelte degli editori a qualsiasi tipo di ragionamento sul “pubblico dei lettori”, seguendo l’ottica che fa dell’editore un lettore che pubblica ciò che egli stesso per primo vorrebbe leggere.

 

Laure Leroy, fondatrice e direttore editoriale di Zulma, racconta:

“Io scelgo personalmente tutti i libri. Per quanto riguarda le opere straniere, ci occupiamo di autori che scrivono in lingue non molto conosciute, come il coreano, il bengalese, il persiano, l’islandese, il cinese. In genere non pubblichiamo opere in inglese, a meno che non si tratti di scrittori africani che scrivono in inglese. Cerchiamo di non essere mainstream, insomma, e lo stesso vale per i nostri autori francofoni, che possono venire da qualsiasi parte del mondo”.

 

Una scelta editoriale del genere, evidentemente, non si basa sul tentativo di accontentare il grande pubblico. Aggiunge infatti la Leroy:

Nel nostro caso non rispondiamo a nessuna richiesta del mercato, siamo noi che creiamo la domanda. Noi proponiamo qualcosa. E per questo siamo molto selettivi e cerchiamo di fare pochi libri, ma molto curati e ben promossi. È questo il nostro interesse maggiore: creare e promuovere un demand”.

Zulma affida la realizzazione delle copertine dei propri libri a David Pearson, un grafico che lavora da Londra. E il metodo è quello di ispirarsi solo superficialmente al reale contenuto del libro.

grafica_francese_6“Volevo qualcosa di molto specifico, originale e diverso, che trasmettesse immediatamente il nostro stile. Ogni libro è molto diverso dagli altri, anche se è evidente che tutti seguono una stessa linea di pensiero, sia graficamente che per quanto riguarda i contenuti. Il grafico non legge i libri, noi gli diamo delle tracce e poi lui ci propone alcuni lavori, tra i quali scegliamo quello che meglio risponde alle atmosfere dell’opera”.

 

Questo metodo di lavoro, come confermato dalla stessa editrice, oltre a seguire il suo gusto personale si rifà a una precisa scelta di marketing:

“Credo che il libro di per sé sia il miglior elemento di marketing possibile. È il passaparola che conta. Se lo stile colpisce, le persone ne parlano. Quando vedono i nostri libri le persone sanno che si tratta di qualcosa di originale”.

Le Éditions Cent pages rappresentano invece un caso diverso rispetto a Zulma e al suo stile esplicitamente sofisticato, proponendo un’idea di editoria completamente slegata dalla ricerca del consenso e persino dallo stesso rapporto con il “mercato”.

Olivier Gadet, uno dei fondatori della casa editrice, racconta:

“Dal momento che la logica dominante del mondo editoriale prevede che o siano le case editrici a cercare di seguire il gusto del pubblico o che il pubblico segua il gusto delle case editrici, Cent pages pubblica esclusivamente libri che non legge nessuno”.

melville_cent_pagesE, a proposito del progetto grafico:

“Credo che così come l’abito fa il monaco, la copertina faccia il libro. Alla fine, cosa riconosciamo dei libri che leggiamo, scambiamo, perdiamo se non il mero oggetto in sé, il semplice supporto materiale? Penso che non ci si possa innamorare che di queste superfici, di queste apparenze che lasciano solo supporre l’opera che c’è dietro. La commozione che proviamo ritrovando un libro letto anni fa viene dalla riscoperta di questa fisicità, che riconosciamo e che ci penetra. Sono persuaso che sia la passione provata per un corpo, di carne o di carta, che ci porta a supporre una poetica, un carattere: qualcosa di segreto e di intimo nascosto tra le pagine che dia ragione del nostro trasporto. Ma, come diceva Valéry, quello che c’è di più profondo è la pelle, e per la vera reificazione, quindi, è necessario trasformare l’oggetto in soggetto”.

Continua Gadet:

“L’amore per un libro è amore per il suo corpo di carta e inchiostro. Quello che spesso si dice, che il corpo sia il supporto concreto, l’oggetto fisico all’interno del quale si manifesta un’interiorità, è un’illusione. Quello che amiamo non è tra le pagine, ma è la pagina: il suo odore, la sua grana, la densità dell’inchiostro che l’attraversa. Supporre che al di là di questi fenomeni di superficie che sono la copertina, i fogli, la rilegatura o la trama ci sia qualcos’altro, un nocciolo immutabile e unico, l’Opera, significa non amarli sinceramente. Un libro non è che il frutto del giardino del bello e dell’inutile: non un frutto che apre alla conoscenza, ma un corpo da gustare nella sua polpa, senza segreti”.

 

La grafica dei libri Cent pages è pensata da un unico artista, che decide autonomamente:

“L’artista che sta dietro alle copertine dei libri Cent pages è Filippo Milo. Non ho scelta, è lui che crea seguendo la sua ispirazione”.

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Una percezione quindi piuttosto fisica dell’oggetto-libro, alla quale sono associati contenuti di spessore: nel catalogo sono infatti presenti diversi autori classici, moderni e contemporanei: Laurence Sterne, Proust, Flaubert, Jean Genet, Melville, Roberto Arlt, Sciascia e numerosi altri.

 

Les éditions du Chemin de fer hanno un’idea ancora diversa, più definita dal punto di vista della linea editoriale. Cofondatore della casa editrice insieme a François Grosso, Renaud Buénerd spiega:

“Pubblichiamo romanzi brevi e libri illustrati. Normalmente siamo noi a scegliere i libri che vogliamo pubblicare, e molto spesso si tratta di esordienti. In alcuni casi invece contattiamo autori che sono già stati pubblicati da altri editori, o da noi stessi, e chiediamo loro di scrivere uno specifico romanzo per Les éditions du Chemin de fer. Romanzo che, naturalmente, verrà illustrato. Fino a oggi abbiamo pubblicato sia letteratura contemporanea che opere meno recenti, ma in ogni caso non ci siamo mai spinti oltre la prima metà del XX secolo”.

 

L’idea di Chemin de fer riguardo l’aspetto grafico dei libri che pubblica è molto chiara:image_chemin_de_fer

“L’immagine è un’aggiunta al testo. Testo e immagine assieme creano un diverso tipo di oggetto editoriale. Il nostro scopo è quello di proporre modi alternativi di scoprire il testo. Il testo e le immagini, in teoria, sono indipendenti, cioè possono esistere separatamente, è così nella maggior parte dei casi. Abbiamo artisti e fotografi che lavorano sui nostri libri basandosi sul testo, che gli forniamo all’inizio del lavoro. Dopo averlo letto, o avervi tratto semplicemente ispirazione, creano la grafica dell’opera in questione. Abbiamo anche una collana in cui grafici e tipografi collaborano insieme lavorando sul testo, inserendovi aggiunte grafiche e reinterpretando il testo stesso direttamente sulle pagine. Gli artisti che lavorano con noi sono completamente liberi. A volte interveniamo su qualche scelta di colore, ma niente di più. Ci piace che possano agire come credono”.

 

Distribuzione autonoma, classica e internazionale

La distribuzione è uno dei punti deboli di molti editori indipendenti di oggi. Le limitate risorse economiche il più delle volte non rendono possibile affidarsi a distributori forti in grado di raggiungere in modo capillare la rete delle piccole e medie librerie, né riuscire ad accedere alla grande distribuzione.

Le edizioni del “Chemin de fer”, ovvero della “ferrovia”, perseguono perciò una strada di totale autonomia. Non solo i fondatori della casa editrice hanno da sempre pubblicato libri illustrati ignorando le richieste del mercato, ma si sono sin dall’inizio occupati loro stessi di farli arrivare nelle librerie.

In altre parole, la distribuzione viene fatta ancora di persona, gli stessi editori portano i libri in alcune librerie di fiducia sparse sul territorio nazionale.

Come afferma Buénerd: “I nostri libri ‘viaggiano’ tra la Borgogna e Parigi. La nostra distribuzione è completamente autonoma, lavoriamo con circa duecento librerie indipendenti alle quali portiamo personalmente i libri”.

 

Il modello di Zulma, invece, è all’opposto. Poggiando le proprie basi su un’idea di editoria indipendente più combattiva e competitiva nei confronti della grande distribuzione, si affida a un distributore internazionale, che espande i confini del bacino d’utenza della casa editrice ben oltre quelli della stessa Francia. Dice infatti Laure Leroy: “Noi siamo distribuiti su tutto il territorio nazionale e praticamente in tutto il mondo, con una particolare attenzione ai paesi francofoni”.

La formula di Cent pages si pone esattamente a metà tra questi due estremi, affidandosi a un modello più classico di distribuzione, attraverso la Belles Lettres Distribution.

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L’editoria indipendente, la letteratura e il futuro

Riguardo alla situazione degli editori indipendenti francesi, i tre sembrano avere opinioni contrastanti.

Per Renaud Buénerd: “Essere un editore indipendente è facile se non hai bisogno di soldi. Ma in Francia, se vuoi farlo per soldi, dovresti semplicemente lasciare perdere. Noi abbiamo entrambi un altro lavoro e guadagniamo pochissimo dalla casa editrice. Però riusciamo a mantenerla senza perderci, e questo ci basta”.

Quanto al ruolo dei libri non ha alcun dubbio: “La letteratura è importantissima, è uno dei principali vettori della cultura e della conoscenza. Internet, il cinema, la tecnologia, vanno bene, ma è molto importante poterli fermare, poter fermare tutto, e avere il tempo da dedicare a un libro”.

 

Laure Leroy, anche in questo caso, ha una visione più ottimista e orientata dai propri obiettivi: “In Francia ci sono un sacco di librerie indipendenti, rappresentano circa il 60% dei progetti attualmente esistenti. Inoltre, grazie al blocco del prezzo dei libri, le librerie e gli editori indipendenti possono sopravvivere bene, non ci sono solo una o due grandi catene che comandano il mercato”. E, rispetto alla letteratura, afferma che: “L’importanza dei libri è sempre la stessa, da sempre, ed è imprescindibile”.

 

Olivier Gadet esprime invece un parere molto critico. Mentre Buénerd si è detto rassegnato e Zulma combattiva, lui sembra scoraggiato, al punto da fare un’affermazione che alle orecchie di molti editori indipendenti italiani potrebbe apparire azzardata:

Preferirei essere editore in Italia piuttosto che in Francia. Qui con la parola ‘mercato’ posso riferirmi al massimo a quello ortofrutticolo”.

Mentre, rispetto al ruolo della letteratura nel mondo contemporaneo, pare molto più coinvolto: “Per quanto mi riguarda, posso rubare le parole a Wittgenstein. Il mio lavoro consiste in due parti: quello che ho fatto e quello che non ho ancora fatto. E proprio questa seconda parte è quella più importante”.

Tutti, però, sono accomunati dallo stesso obiettivo:

Zulma: “La nostra ambizione non può essere altra che continuare a fare testardamente il nostro mestiere”. Chemin de Fer: “La nostra ambizione è, sì, continuare con quello che stiamo facendo, ma diventando più forti e rimanendo motivati da buoni progetti”. Éditions Cent pages: “Il futuro è troppo lontano. Per il momento sono troppo impegnato nei progetti su cui sto lavorando – Manganelli, Rabinaux e Čechov – per permettermi di pensarci”.

 

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