Il mondo editoriale indonesiano sta riscoprendo l’importanza del lavoro grafico e del linguaggio visuale dopo averli per lungo tempo relegati su un piano molto marginale. Una vera e propria rinascita dell’immagine, nell’editoria e negli altri campi della comunicazione, della quale la Indonesian Association of Graphic Designers è una delle protagoniste e di cui alcune tappe fondamentali si sono consumate nel corso delle ultime edizioni della Fiera internazionale del libro di Francoforte.

Grafias ha incontrato Zinnia Nizar-Sompie, graphic designer e presidente della sede ADGI di Giacarta, città nella quale, insieme alla sorella, Ivy Aralia Nizar, è titolare dello Ampersand Studio, uno degli ancora pochi ma vivacissimi studi di grafica editoriale indonesiani.

di Cecilia Raneri e Serena Talento.

 

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Amba/The Question of Red, Laksmi Pamuntjak

 

Nel 2015, ospite d’onore della Fiera internazionale del libro di Francoforte, l’Indonesia ha avuto la possibilità di presentare al pubblico internazionale le molteplici sfaccettature della sua vibrante letteratura, la sua ricca cultura e i molteplici talenti di uno fra i paesi più popolosi e giovani del pianeta, del quale però troppo spesso nel resto del mondo si continuano a conoscere soltanto alcuni aspetti.

Ma ciò che dell’Indonesia ha riscosso un successo immediato e del tutto inaspettato, agli occhi dei visitatori e degli operatori culturali, nel corso di quell’edizione della fiera è stata l’attenzione e la creatività del tutto originali con le quali il paese si è impegnato nella presentazione della sua immagine, a cominciare proprio dall’allestimento dei propri spazi espositivi.

Un successo d’immagine che è proseguito con l’ultima edizione della Fiera di Francoforte, nel corso della quale il padiglione indonesiano ha ospitato la Seeing Words Exhibition, la prima esposizione collettiva internazionale organizzata dall’Indonesian Association of Graphic Designers.

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This Earth of Mankind, Pramoedya Ananta Toer

La mostra è stata l’ultima tappa di un progetto dedicato alla rielaborazione grafica delle copertine di alcuni fra i più noti libri della tradizione letteraria indonesiana, rivisitate da un’équipe scelta di grafici e progettisti.

L’idea alla base della Seeing Words Exhibition era quella di esplorare il continuo e ricco dialogo che intercorre tra le arti visive e la parola scritta, abbracciando lo stato più permeabile del linguaggio, la sua elasticità e la sua capacità di veicolare molteplici sfumature emotive e di significato, ma anche il frutto della rinnovata consapevolezza che un’adeguata valorizzazione della produzione letteraria passa anche dalla migliore cura possibile del libro inteso come prodotto artistico e di design.

Per parlare di cosa ha significato la Seeing Words Exhibition in questo processo di riappropriazione dell’immagine e del nuovo fermento creativo che sta attraversando il mondo editoriale e della comunicazione indonesiano, Grafias ha incontrato Zinnia Nizar-Sompie, presidente della sede di Giacarta della Indonesian Association of Graphic Designers, uno dei poli più fecondi del rilancio della grafica editoriale indonesiana.

 

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Saman, Ayu Utami

 

Come è nata l’idea del progetto Seeing Words?

In Indonesia si sta sviluppando un crescente interesse verso il graphic design e in particolare per la sua applicazione al mondo dei libri. L’idea di questo progetto è nata nel 2015, quando l’Indonesia ha partecipato come ospite d’onore alla Fiera internazionale del libro di Francoforte.

Un gruppo di graphic designer indonesiani aveva lavorato al progetto dello stand e proprio grazie al loro lavoro il padiglione collettivo dell’Indonesia ha riscosso un grande successo. E già durante la fiera, sempre più persone, inclusi alcuni funzionari del Museo di arte moderna di Francoforte, ci hanno richiesto maggiori informazioni sugli autori del progetto. L’interesse è andato crescendo e sostenuti da tutto questo entusiasmo abbiamo deciso di organizzare una mostra in occasione dell’edizione successiva della fiera.

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Man Tiger, Eka Kurniawan

 

Il progetto si è concentrato sul ruolo centrale che la grafica deve avere nel mondo editoriale, proponendo ai partecipanti la loro traduzione in linguaggio visuale di alcuni fra i libri più importanti della letteratura indonesiana.

 

Abbiamo aperto una call per gli aspiranti partecipanti e i grafici interessati sono stati selezionati dopo un’attenta valutazione del loro portfolio. Dopo aver superato la selezione, hanno poi dovuto leggere e studiare nel dettaglio il libro che era stato loro affidato, per poi procedere alla realizzazione grafica. Hanno tutti dimostrato di essere fortemente motivati, anche perché sapevano benissimo che non avrebbero ricevuto alcun compenso. Il lavoro di progettazione delle copertine ha avuto inizio tra febbraio e marzo del 2016, con circa otto mesi di anticipo rispetto all’apertura della Fiera.

 

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Man Tiger, Eka Kurniawan

 

Come avete selezionato i titoli al centro del progetto?

Abbiamo chiesto la consulenza dell’Indonesian National Book Committee. Il Book Committee è composto da un importante gruppo di editori, gli stessi editori che decidono i libri da promuovere all’estero. Siccome sapevamo che avremmo preso parte a uno stand collettivo, abbiamo pensato di rendere ancora più mirato il nostro progetto chiedendo il contributo del Committee. Alcuni dei libri scelti sono dei veri e propri classici in Indonesia, si tratta di libri molto famosi. Alcuni li abbiamo addirittura studiati a scuola, anche se tutti noi ne avevamo dimenticato i dettagli e abbiamo dovuto rileggerli (ride).

 

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On God and Other Unfinished Things, Goenawan Mohamad

Dopodiché, l’Indonesian Association of Graphic Designers ha dato via al progetto selezionando i designer. Può dirci qualcosa di più sull’ADGI?

L’ADGI è nata nel 1980. Anche in quel momento storico, proprio come adesso, era in corso una fase di crescente interesse per lo sviluppo dell’industria del graphic design, diversi professionisti si unirono e cercarono di comunicare al pubblico cos’era il graphic design, organizzando incontri, mostre, esposizioni e altre iniziative. Ma la cosa è andata affievolendosi velocemente, poiché nessuno si è poi impegnato a canalizzare e a far evolvere questo interesse. Del resto si trattava di un impegno gratuito per un’associazione no profit. E così l’associazione è rimasta inattiva fino al 2005, quando si è nuovamente acceso l’interesse per il graphic design. I media sono cambiati ed è cambiato il modo di fare grafica, sono nati molti nuovi studi che si occupavano soprattutto di branding, packaging e attività di questo genere. Grazie a questo fermento, nel 2005 abbiamo potuto riprendere le attività dell’ADGI, conservando però la stessa visione degli inizi: trasmettere al pubblico il valore e le potenzialità del graphic design.

 

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The Weaverbirds, Y. B. Mangunwijaya

 

Come associazione siamo molto flessibili, chiediamo una quota di partecipazione molto bassa, circa dieci dollari all’anno. Forniamo anche una sorta di tutela per i nostri membri, ma anche per tutti i grafici in generale, ad esempio per quanto riguarda alcune questioni relative al copyright o alla copertura legale e sanitaria.

Inoltre, cerchiamo anche di mettere in contatto i nostri membri con potenziali clienti e viceversa. Se per esempio un cliente si rivolge a noi per un progetto specifico, noi lo mettiamo in contatto con chi può fare al caso suo. È una rete professionale. Abbiamo sedi in sei città in Indonesia, anche se i membri non sono molti, ci aggiriamo al momento intorno ai trecento iscritti.

Si tratta dunque di un ambito professionale ancora piuttosto ristretto?

In effetti sì, il numero è sicuramente abbastanza piccolo per l’Indonesia, dove siamo in tantissimi! (ride). Inoltre, in aggiunta ai professionisti contiamo anche alcuni membri istituzionali, come le università, attraverso le quali diamo la possibilità ai praticanti di svolgere tirocini o partecipare alle lezioni come ospiti. Ogni sede dell’ADGI funziona in maniera diversa. Nella sede di Giacarta, per esempio, ci incontriamo ogni due settimane. Durante ogni riunione chiediamo ai membri di cosa vogliono discutere e la maggior parte delle volte si tratta di questioni professionali, domande relative alla retribuzione, alle difficoltà di trovare un impiego, a come costruire un proprio portfolio.

 

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Amba, Laksmi Pamuntjak

 

Quali sono attualmente i trend nel graphic design in Indonesia, in particolare nell’editoria?

Attualmente i book designer sono molto pochi, ci sono tra le dieci e le venti persone che si occupano di grafica editoriale destinata ai libri in tutta l’Indonesia. Gli editori in genere non richiedono una grafica specifica, non hanno ancora capito bene quale sia l’impatto di questo aspetto sul pubblico. Solo di recente ha cominciato a diffondersi la consapevolezza che se un libro mostra una grafica accattivante le persone possono venirne maggiormente attratte.

Se parliamo di trend, ciò che va per la maggiore adesso è l’illustrazione.

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The Rainbow Troops, Andrea Hirata

Prima si prestava attenzione soltanto alla copertina, soprattutto nell’ambito della saggistica, e all’interno del libro c’era solo il testo. Ultimamente però mi è stato spesso richiesto di inserire illustrazioni all’interno dei libri, soprattutto dei libri di saggistica, per renderne i concetti più semplici e immediati.

Per quanto riguarda le copertine invece non credo che ci sia un vero e proprio trend. Anche se il modo di pensare a esse sta cambiando molto. Fino a poco tempo fa sulla copertina era riportata unicamente la foto dell’autore del libro, poiché le persone nel nostro paese comprano i libri anche perché ne riconoscono visivamente gli autori. Adesso questo accade molto di meno. Gli editori sono ancora troppo conservatori per azzardarsi a proporre una copertina in cui il titolo sia accompagnato da un’illustrazione, ma piano piano stanno imparando a sperimentare sempre di più.

Quindi finora sulla maggior parte delle copertine dei libri di saggistica e narrativa c’era soltanto la foto dell’autore?

Proprio così e i grafici erano sempre interni alla redazione. Adesso invece gli editori si affidano molto di più al lavoro dei freelance e spesso chiedono a noi di progettare le copertine dei loro libri.

Quali sono gli editori che prestano maggiore attenzione all’aspetto grafico?

Sono soprattutto gli editori più grandi a interessarsene, perché hanno più denaro da investire. Per esempio, mentre prima venivo contattata soprattutto per curare libri d’arte o libri fotografici, adesso gli editori mi contattano spesso anche per i libri di saggistica. Curo il progetto grafico di otto/dieci libri di saggistica all’anno e lavoro anche su altri tipi di libri. Non ho molta concorrenza. Ciò che i grafici si contendono di più in Indonesia sono i lavori di brand identity, di packaging, la creazione di loghi. Per questo tipo di incarichi c’è molta più competizione.

In realtà solo due dei grafici che hanno partecipato a questa esposizione, me inclusa, attualmente lavorano come book designer. Per chi non è abituato a occuparsene, partecipare a questo progetto e avere soltanto otto mesi di tempo a disposizione è stata una vera sfida.

 

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Salah Asuhan, Abdul Muis

 

Al momento stai lavorando ad altri progetti legati al mondo dei libri?

Un editore indonesiano si è detto interessato a ripubblicare alcuni dei libri che abbiamo proposto durante la Seeing Words Exhibition. Continua ad esserci un grande interesse per questo progetto e in molti stanno lavorando affinché l’idea da cui è nato possa realizzarsi nel mondo editoriale, quindi è possibile che ci vengano affidati altri titoli sui quali lavorare e che dovremo trovare altri grafici per poter continuare.

 

Pensi che questo tipo di lavoro possa dunque continuare a diffondersi in Indonesia?

Sì, penso proprio di sì, perché la veste grafica rende più facile per il lettore afferrare il contenuto dei libri. Laddove il brand e il logo trasmettono un messaggio molto più astratto, investire sul progetto grafico di un libro aiuta a comunicarne in modo diretto il contenuto. E si spera che questa funzione svolta dalla grafica in campo editoriale diventi sempre più chiara e scontata sia per gli editori che per il pubblico.

 

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Sitti Nurbaya, Marah Roesli

 

Esistono corsi o facoltà nelle università pubbliche per poter studiare questa disciplina?

Sì, certo. Esistono corsi di grafica e la grafica editoriale è parte del corso di studi. Io stessa insegno in alcuni di questi corsi. Penso che quei venti professionisti che lavorano come book designer in tutta l’Indonesia siano gli stessi che poi insegnano nelle università.

 

Quindi voi siete un po’ i pionieri di questo tipo di lavoro nel vostro paese…

No, i veri pionieri sono stati i grafici della generazione precedente alla nostra, coloro che hanno iniziato per primi a lavorare con la grafica editoriale. Loro però lavoravano soprattutto per le riviste. Poi c’è stata una lunga fase di stallo nella quale ci sono stati pochissimi grafici editoriali attivi in Indonesia. E poi siamo arrivati noi (sorride).

 

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Man Tiger, Eka Kurniawan

 

I grafici che hanno esposto i loro lavori alla Seeing Words Exhibition sono: Adam Mulyadi (Egghead Branding), Zinnia Nizar (Ampersand Studio), Adityayoga (Inlander Design Buro), Ismiaji Cahyono e Citra Lestari (Sun Visual), Andi Rahmat (Nusae Studio), Andrew Budiman (Butawarna), Cecil Mariani, Eric Wijaya (ThinkingRoom), Fergie Tan e Yusuf Asikin (Brownfox Studio), Gumpita Rahayu (Formika Studio), Jefferson e Kristin Monica (Feat Studio).

 

La Seeing Words è stata realizzata dalla Indonesian Association of Graphic Designers in collaborazione con l’Indonesian National Book Committee e con l’aiuto del Ministero dell’istruzione e della cultura indonesiano e dell’Indonesian Agency for Creative Economy.

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