di Rémi Sussan, “Rue89”, traduzione di Kathrine Budani.

 

Forse già conoscete la Long Now Foundation (@longnow) e uno dei suoi più importanti progetti, l’orologio del lungo presente. Ricordiamo che questo progetto di Stewart Brand e Brian Eno consiste essenzialmente nel realizzare un orologio che suoni al trascorrere di ogni millennio, al fine di favorire la riflessione sul lungo termine. Il libro di Stewart Brand su questo tema è stato recentemente tradotto in francese[1]. Ma l’orologio in sé è soprattutto un dispositivo simbolico. E attorno a questo simbolo dovrà essere costruita una biblioteca che raccoglierà tutta la conoscenza umana. E al centro di questa biblioteca dovrà essere posto un libro molto particolare, il “manuale della civiltà”.

 

Una biblioteca di semi

L’idea della biblioteca è nata insieme a quella dell’orologio, visto che Stewart Brand ne parla già in Il lungo presente, che è stato pubblicato per la prima volta nel 1999. Lo stimolo iniziale è stato dato da James Lovelock, il padre dell’ipotesi Gaia[2], che tentava di immaginare un’opera contenente tutto il necessario per costruire una civiltà, a cominciare da come addomesticare il fuoco, continuando con le tecniche dell’agricoltura, fino ad arrivare alle più moderne tecnologie.

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L’idea di Lovelock recupera un’ulteriore tesi, quella esposta da Kevin Kelly (blog.@kevin2kelly) nel 2011 (scusate nel 02011) sulla creazione di una “biblioteca dell’utilità”. Anche in questo caso si tratta di creare un insieme di testi in grado di “riavviare la civiltà” nel caso di una grande catastrofe o di un irreversibile declino. Questa biblioteca, afferma Kelly, non conterrebbe “né la grande letteratura universale, né le testimonianze storiche, né le conoscenze approfondite sulle varietà etniche, né speculazioni sul futuro. Non raccoglierebbe giornali del passato, libri per bambini, volumi di filosofia. Ma conterrebbe soltanto semi”.

popular_scienceQuesti semi consisterebbero essenzialmente in informazioni di carattere pratico. Grazie a essi si potrebbe di nuovo apprendere “l’arte della stampa, della forgiatura, della fabbricazione della plastica, del compensato o dei laserdisc[3]”. Raramente, annota Kelly, tali informazioni si trovano riunite nei libri. Persino sul web è difficile trovarle in forma scritta. La maggior parte di queste istruzioni infatti è reperibile su Youtube in formato video, si rammarica Kelly, dove quello che si guadagna in termini di facilità di comprensione grazie alle immagini animate spesso si perde in ricchezza e completezza dell’informazione.

 

Quali libri per rilanciare la civiltà?

Oggi il manuale e la biblioteca sono stati fusi insieme: non si tratta più di una sola opera, ma piuttosto di una lista di libri indispensabili. Di contro, la biblioteca di oggi è più grande di quella pensata da Kevin Kelly: non consiste soltanto delle cosiddette specifiche tecniche, ma anche delle considerazioni storiche e culturali sulla natura della civiltà e di conseguenza sulla natura della grande letteratura, delle speculazioni fantascientifiche e delle testimonianze storiche. Le opere si dividono grossomodo in quattro grandi categorie:

– il canone culturale: i grandi libri della storia dell’umanità;

– la cultura meccanica: l’insieme delle conoscenze tecniche e dei metodi di fabbricazione;

– la fantascienza pura, che ci informa sul futuro;

– la riflessione sul lungo termine, il futuribile e i libri storici.

 

Diversi noti autori hanno partecipato alla creazione del “manuale”, proponendo una serie di libri da includere. Per il momento sono già apparse le proposte di Brian Eno, Stewart Brand, Kevin Kelly, Violet Blue (la cui lista affronta una delle principali raffinatezze della civiltà: il sesso), Megan e Rick Prelinger, una coppia di “guerrilla archivists” di San Francisco (non chiedetemi cosa vuol dire). E altri nomi vedranno presto pubblicato il loro contributo: fra i primi, gli autori di fantascienza Neal Stephenson e Neil Gaiman, e poi lo stesso Daniel Hillis, il progettista dell’orologio. Anche i lettori del blog possono inviare i loro suggerimenti, a condizione però di diventare a loro volta donatori!

 

Dal Principe… alla Chimica per inesperti

Stewart Brand è quello che consiglia il maggior numero di libri storici e di riflessione sulla civiltà in quanto tale. È anche quello che include più classici, in particolare greci e romani, incentrati sulla storia e sulla politica. Nella sua lista figurano, tra le altre, le opere di Tucidide e Erodoto, Il Principe di Machiavelli e i Ricordi di Marco Aurelio.

La lista di Kevin Kelly è quella più vicina alla “biblioteca dell’utilità” da lui stesso progettata. In cima alla sua lista, che comprende duecento opere, mette pertanto Pratical Bamboos[4], un trattato sulle cinquanta migliori varietà di legno adatte a ogni tipo di costruzione; inoltre nella lista figura Caveman Chemistry. 28 projects, from the Creation of Fire to the Production of Plastics[5] (la “chimica per l’uomo delle caverne”), così come The Backyard Blacksmith[6] (“Il fabbro nel suo giardino”) e anche un manuale che spiega come allevare conigli… In breve, la lista di Kelly è un’enciclopedia del DIY (Do it yourself), ma c’è anche altro.

Vi si trovano infatti anche opere fantascientifiche estreme (che dovrebbero essere bandite dalla “biblioteca dell’utilità”) come la strana e affascinante opera del 1992 di Marshall Savage, The Millennial Project. Colonizing the Galaxy in Eight Easy Steps[7] (“Il progetto del millennio. Colonizzare la galassia in otto semplici tappe”).

Rick e Megan Prelinger consigliano molti libri pratici, ma anche trattati riguardanti processi di produzione di carattere propriamente industriale, come quelli riguardanti i trasporti ferroviari, o alcuni bollettini della nasa.

Interessante notare anche la presenza di libri che esprimono un “modello di realtà”, molto apprezzati dai bibliotecari. Così il libro di Christopher Alexander, A pattern language[8], è raccomandato sia da Brand che da Kelly. Alexander è un architetto che si è ribellato ai dogmi dell’architettura moderna e postmoderna. Egli sostiene che esiste una struttura profonda nella nostra percezione della bellezza, legata alla natura stessa dello spazio, riconoscibile nella maggior parte delle architetture tradizionali e poi dimenticata. Da notare è il fatto che queste strutture architettoniche, questi “modelli di progettazione”, hanno poi abbandonato il dominio dell’architettura per diventare un modello per la programmazione informatica.

Ed è stupefacente constatare l’assenza delle opere di Buckminster Fuller, vista la grande influenza che questo architetto ha esercitato proprio su Kevin Kelly e Stewart Brand. Sarà forse questo il segnale che l’inventore delle “cupole geodetiche” è definitivamente passato di moda? Comunque sia, ciò varrebbe solo per l’architettura, visto che nello studio delle nanotecnologie la sua geometria “sinergetica” resta un argomento attualissimo come dimostrano i fullereni.

 

La lunga durata secondo Braudel

Anche il libro di John Allen, Biosphere 2. The human experiment[9], è menzionato sia da Kelly che dai coniugi Prelinger. È vero che questa esperienza, portata avanti fra il 1993 e il 1994, ha tutte le caratteristiche per sedurre l’équipe della Long Now Foundation, mescolando ecologia e alta tecnologia, e perfino un progetto di colonizzazione spaziale. È poi interessante notare come il libro di Allen continui a suscitare interesse nonostante il fallimento dell’esperienza Biosfera 2 e i problemi causati dal carattere, secondo alcuni alquanto dittatoriale, di Allen.

Tra i francesi, Fernand Braudel è citato da Eno e Brand. Sarebbe stata davvero un’ingiustizia se il padre della “nuova storia” non fosse figurato nel pantheon di una biblioteca dedicata al pensiero a lungo termine! Al contrario non ci sono tracce di Victor Hugo o di altri grandi scrittori classici di lingua francese, salvo La Fontaine consigliato dai Prelinger… Ma la realizzazione della biblioteca è tutt’altro che terminata!

 

L’elenco fantascientifico

Riguardo alla questione della “fantascienza pura”, Brand sembra avere una particolare predilezione per il “Ciclo della cultura” di Iain M. Banks. Questa serie di opere si caratterizza per la particolare originalità della civiltà futura descritta, un mondo nel quale convivono fra loro pacificamente IA super intelligenti, umani e alieni, senza porre più la questione ormai abusata della sostituzione dell’essere umano da parte di creazione artificiale. Allo stesso tempo, si tratta di una società anarchica e probabilmente comunista, perché la proprietà sembra essere del tutto scomparsa e il benessere risulta essere talmente diffuso da eliminare ogni possibile ragione di non equa distribuzione delle risorse. Un “anarchismo tecnologico” che non può che piacere a chi è passato dalla contro-cultura alla cyber-cultura! E che lascia intendere che non è poi così vero che in questo ambito si sia consumata una conversione, come alcuni sostengono, a favore del pensiero liberale e capitalista…

Starmaker_firsteditionBrand consiglia anche il Ciclo delle fondazioni di Asimov, che è molto in linea con le riflessioni sul lungo termine. Raccomanda anche Il costruttore di stelle[10] di Olaf Stapledon. Questo testo di fantascienza filosofica, apparso nel 1937, è uno dei primi grandi libri che esplorano una forma di spiritualità dell’era spaziale, che avrà particolare influenza su diversi autori, a cominciare da Arthur C. Clarke.

I Prelinger consigliano La trilogia di Marte[11] di Kim Stanley Robinson, che racconta dettagliatamente la terraformazione del pianeta Marte. Non c’è quindi da stupirsi se viene apprezzato anche il libro di Allen su Biosfera 2! La lista delle opere di fantascienza certamente si allungherà presto, quando saranno rese note le proposte di Neal Stephenson e Neil Gaiman.

 

Il lungo termine, tra passato e futuro

Scorrendo l’elenco dei libri consigliati, emerge una particolare forma di pensiero, che era poi la stessa presentata da Stewart Brand già all’epoca del Whole Earth Catalog[12]: un miscuglio di neoprimitivismo e di tecnologia molto sofisticata. I libri sulla colonizzazione dello spazio assomigliano infatti molto a manuali del fai da te ai limiti del “survivalismo”.

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L’interesse per Biosfera 2 è del resto molto rappresentativo di questa corrente. La mescolanza di passato e futuro è il cuore stesso del progetto Long Now, dal momento che il famoso orologio progettato da Daniel Hillis è costituito solo da pezzi meccanici. In effetti un apparecchio elettronico non avrebbe potuto attraversare intatto i millenni, soprattutto in caso di estinzione della civiltà…

E va da sé che la biblioteca sarà composta principalmente da libri di carta: l’unico supporto in grado di garantirne la perpetuazione. Tuttavia, gli inventori della Long Now vogliono crearne anche una versione digitale su Archive.org. Cosa che potrebbe presentare fra l’altro interessanti questioni dal punto di vista del copyright!

Ci si può certamente interrogare sulle fondamenta “catastrofiste” su cui poggia un tale progetto. Ma in realtà l’interesse del manuale della civiltà è rivolto anzitutto alle riflessioni che i suoi interrogativi possono suscitare più che alla possibilità di una sua reale applicazione in caso di distruzione di massa. Che cosa, fra tutto ciò che compone la conoscenza umana, conta veramente? E che valore hanno tutte le nostre filosofie a confronto con un’enciclopedia… del fai da te?

E, infine, per quanto vi riguarda, quale sarebbe la vostra lista?

 

 

 

[1] Stewart Brand, The Clock Of The Long Now. Time and Responsibility, Basic Books, New York 1999. Il lungo presente. Tempo e responsabilità, traduzione di Davide Bocelli, Mattioli 1885, Fidenza 2009. L’horloge du long maintenant. L’ordinateur le plus lent du monde, traduzione di Gwilym Tonnerre, Tristram, Auch 2012.

[2] James Lovelock, Gaia. A New Look at Life on Earth, Oxford University Press, Oxford 1979.

[3] Antesignano del DVD, introdotto dalla Philips nel 1976 e molto più diffuso in America e in Giappone che in Europa, il Laserdisc è stato il primo supporto audio-video su disco ottico dell’era analogica, in diretta concorrenza con il formato VHS. Già surclassato alla fine degli anni novanta dalla diffusione del DVD, esce definitivamente di produzione nel 2009. Benché fisicamente non dissimile da un qualsiasi CD, viene ancora oggi ricordato per la sua emblematica grandezza, ben 30 cm di diametro.

[4] Paul Whittaker, Practical Bamboos. The 50 Best Plants for Screens, Containers and More, Timber Press, Portland 2010.

[5] Kevin M. Dunn, Caveman Chemistry. 28 Projects, from the Creation of Fire to the Production of Plastics, Universal Publishers, Boca Raton 2003.

[6] Lorelei Sims, The Backyard Blacksmith. Traditional Techniques for the Modern Smith, Quarry Books, Beverly 2006.

[7] Marshall T. Savage, The Millennial Project. Colonizing the Galaxy in Eight Easy Steps, Empyrean Pub, Denver 1992. Il volume è stato riedito nel 1994 dalla Little, Brown and Company accompagnato da un’introduzione di Arthur C. Clarke.

[8] Christopher Alexander, Sara Ishikawa, Murray Silverstein, A Pattern Language. Towns, Buildings, Construction, Oxford University Press, New York 1977.

[9] John Allen, Biosphere 2. The Human Experiment, Penguin Books, New York 1991.

[10] Olaf Stapledon, Star Maker, Methuen Publishing, Londra 1937. Il Costruttore di Stelle, traduzione di Paola Campioli, Longanesi, Milano 1975.

[11] Kim Stanley Robinson, Red Mars, Harper Collins, Londra 1992; Green Mars, Harper Collins, Londra 1993; Blue Mars, Harper Collins, Londra 1996.

[12] “Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. È stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. È stato alla fine degli anni sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fatto con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. È stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni. Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: ‘Stay Hungry. Stay Foolish’, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay Foolish. Grazie a tutti”. Parte conclusiva del discorso ai neolaureati tenuto da Steve Jobs all’università di Stanford il 12 giugno 2005, tratto da Il commencement address di Steve Jobs, traduzione di Riccardo De Benedetti, in “Quaderni del Covile”, n. 6, Il Thread su Felix Krull, Firenze 14.VI.2007.

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