di Larissa Shmailo, “The Battersea Review”, traduzione di Valentina Zaffagnini.

cetra

Samuel Gareginyan, “The Myth of the Blue Painting”.

 

Il sonetto in Petrarca o in Shakespeare, così per come è composto, costituisce un sistema-mondo, in diretto dialogo con il suo lettore. Gli studenti possono analizzarne il contesto, la storia o i riferimenti, ma devono riaffrontare ogni sonetto singolarmente, all’interno dei suoi quattordici versi. Così come lo reinventa Philip Nikolayev, il sonetto, oltre a un’identità e a un intento propri, porta in sé una risposta aggiuntiva o persino altra.

 

nikolayev_philipI sonetti di Nikolayev sono integrati in altre poesie; i due componimenti condividono intimamente lo spazio della linea e della pagina, distinti soltanto dal grassetto e dal corsivo. In questa forma il sonetto, proprio come un amante, reca con sé il suo proprio bagaglio. Qui è il verso di Baudelaire: “Moi aussi j’aime les nuages qui passent là-bas”:

 

Si capiscono dalle labbra della sensibilità moderna l’α, la λ e le montagne nebbiose della peripezia e altre attrezzature della nostra civilizzazione, o civ. Aspro, aspro, come varrà la pena ripetere, molto

Gli sfilacci di cirro spazzati via da pavimenti di strati, aspro, come varrà

le ineluttabili porte girevoli ancora la pena ripetere, aspro

dentro qualcosa di penosamente azzurro e abbagliante, batte aspro batte

qualcosa di penosamente azzurro e disobbediente, aspro il cuore della

le eliche scure che disperdono la bianca foschia, contemporaneità,

che aggrediscono l’ombroso sconfitto, aspro batte e altrettanto aspramente

mentre sulle banchine di cumulonembi, martella. Il cuore è un

oltre le loro fluttuanti Commissioni di Supervisori, volano, si tuffa

attraverso chiuse di estrema chiarezza, da una nuvola

di chiarezza e sincerità estreme, di conflitto a un’altra nuvola tutta la vita su

puoi osservare le navi di stato risate di piuma. Esso

cariche di taccheggiatori trasportati al loro destino, prospera, apprezza

e tutti i vari prigionieri dell’illusione la battaglia. Così il badminton

trascinati al loro definitivo confino solitario il badminton per i nostri privilegiati

colleghi, il volano per le loro indifferenti spose di cellulosa là fuori,

verso un’architettura suburbana in cui ogni tacca acceca, una gemma.

Io sono lì per scelta. Il mio cuore brama amore, amore con carne.

 

Le due poesie sono unite come gemelli siamesi, anche se in modo non proprio armonioso. Il grassetto corsivo del sonetto suggerisce priorità e urgenza, ma anche distanza e spiritualità; e qui allude per lo più alla voce di un narratore onnisciente. Tuttavia, tale priorità è messa in dubbio dal poema-contesto, che si afferma vigorosamente sul sonetto e rifiuta di essere ridotto a semplice sfondo. Il sonetto parla di prigionieri; la poesia – più ruvida, robusta e “aspra” – parla di una scelta e, con cuore forte e sano, affonda gioiosa tra le “meravigliose” nuvole di Baudelaire alla ricerca di un amore animale, che si nutra di carne.

I componimenti sono inoltre collegati fra loro per mezzo di espedienti poetici, incluse allitterazioni, consonanze e assonanze, con “carichi di taccheggiatori” nel sonetto e “tacche che accecano” nel contesto; c’è il gioco visivo di “brama/carne” e “colleghi/indifferenti/cellulosa” nel poema-contesto e “dolore/abbagliante” e “fluttuanti/chiuse” nel sonetto. Entrambi i componimenti utilizzano la ripetizione. Dall’alfa alla zeta di “zest”, “aspro”, la poesia-contesto insiste enfaticamente sulla ripetizione (“come varrà ancora la pena ripetere”) e raddoppia i suoi cuori e gli scambi tra sonetto e contesto; il sonetto le fa eco con “azzurro”, “penosamente” consapevole della misera “chiarezza estrema” dell’ineluttabile nave di stato.

In sostanza, entrambe le poesie rispondono a Baudelaire, una nei suoi sogni di nubi a brandelli e l’altra con la sua “sensibilità moderna” suburbana corredata di “attrezzature” sgrammaticate. Le “navi di stato” nel sonetto evocano la nave della modernità dello “Schiaffo al gusto del pubblico” futurista, che gettò in mare Puškin, e che con ogni probabilità vi getterebbe anche Baudelaire. Tuttavia, il contesto letterario diventa esso stesso un’altra relazione da tenere presente nella combinatoria di questi sonetti, mentre scuole e movimenti si scontrano e si confrontano nez-à-nez.

L’ambiente verbale creato da Nikolayev tra il sonetto e il suo contesto è a volte coerente e armonioso, a volte dissonante e ostile. Poesie sperimentali dall’azzardata ortografia sono collocate accanto a opere formaliste; il gergo tecnico circonda i versi in rima. Molti dei sonetti incorporati sembrano migranti giunti a un nuovo approdo, a cavallo tra due culture. In The Cure[1], sonetti lirici d’amore sono collocati accanto a una sfilata di consonanze oulipiane in cui “quando ti bacio/alleluia ardenti si soffocano l’uno con l’altro ahimè” incontra “carbonio-13, carbonio-14, Cervino carino, cretino, corvino, cortino…”.

Un ahimè è soffocato in un alleluia, e un bacio è incastrato in una lista, una lista che, tra una parola e l’altra, commenta, spettegola e si esprime riguardo al sonetto stesso. Le voci delle poesie-contesto rappresentano a volte altri, immaginari o possibili, lettori. Spesso sono autorità volgari, oppure voci che disprezzano e depredano la cultura e la letteratura. Spesso, tuttavia, sembrano essere parte integrante dello stesso autore: suo subconscio, Es, o alter ego. Questa voce controbilancia e a volte condanna l’autore stesso.

Un indizio di queste dinamiche ci viene fornito nei sonetti integrati di Letters from Aldenderry[2]. Nella prima poesia della raccolta, Nikolayev cita il saggio di James Woods sulla tecnica del flusso di coscienza in Shakespeare, Shakespeare and the Pathos of Rambling[3]. Possiamo vedere l’azione di un flusso di coscienza così sconnesso in Green Eye.

 

1844712915cov.qxdPer chi ha viaggiato in lungo e in largo, il luogo più strano è dentro.

Nessun dato statistico potrà prevedere né conoscere il mio cammino a quel luogo mentre vengo a visitarlo da solo. Ad esempio, il mio vero nome non è Jimmy Turnflower

Spremo la volontà di potenza, la lascio morire. né Catherine Lyverwater, né

anch’io ho restituito lo sguardo all’occhio di Nietzsche, Charles Cynthia Brown.

ma ho ben poco della volontà di potenza Piuttosto… ma no, non lo dico.

(a parte ingannarvi con le mie parole quando Una cosa che può scrutare dentro

strappo quel panorama mentale un fiore dopo l’altro), sé stessa, come il

e allo stesso modo ho conversato con Schopenhauer microscopio professionale

che il mio compagno di classe

(che ha dormito molte notti con una pistola accanto alla testa Sheremetyev rubò per me

e probabilmente parlava da solo a letto) per il mio 14mo b-day, che ad oggi

di falene senza bocca, dalla vita breve – ho diffuso fissa il mio cervello

la propensione della volontà di auto-divorarsi, attraverso il mio occhio destro, presumibilmente

benché fossi commosso, preoccupato e divertito, facendo crescere le mie cellule grigie,

perso nell’improvvisa piccolezza dell’ora, per trovarvi nomi rivoluzionari

con il loro gravame per la gioia del mio cuore, e oggetti. Ricordo anche

e perciò considerassi quelle ore piccole ben spese. un precedente apparecchio radio con un occhio verde, e come mi scrutava nel profondo. Tutte quelle lunghezze d’onda indicavano Parigi Londra e Lisbona e così via, tutto falso, quello che sentivi erano stazioni sovietiche, e mi spiegavano Leonid Ilich Brežnev.

 

Ci viene presentato “il luogo più strano… dentro”. La voce che viene “a visitare da sola” questo luogo ne conosce il “vero nome” ma non lo dirà (ma no, non lo dico). Il no onirico e senza punteggiatura sembra affacciarsi al limite del pensiero cosciente, per poi fermarsi prima di entrare nell’identità dell’ego. È consapevole della “cosa che può scrutare dentro”, il microscopio della coscienza nel sonetto filosofico, ma non ne fa parte.

Due processi mentali, uno elementare e uno pubblico, sono qui collocati l’uno accanto all’altro. La complessità dell’autore, che non vuole “auto-divorarsi”, ma che sa giocare con le parole, deve coesistere con i confini fluttuanti e la profonda verità reattiva di un sé interiore paranoico e infantile. Proprio come l’autore rifiuta consciamente la volontà di potenza, il sé profondo conosce i falsi ornamenti della propaganda. Qui, Nikolayev rovescia il grassetto per privilegiare il non-sonetto. È appropriato che il subconscio sproloqui a gran voce in neretto e l’ego istruito si esprima attraverso un carattere pacato, senza fronzoli.

Il “pathos dello sproloquio” di Wood descrive l’uso del flusso di coscienza o del discorso apparentemente non riveduto né corretto come una tecnica shakespeariana fondamentale per costruire e sviluppare i personaggi. Nikolayev usa i suoi sproloqui allo stesso scopo. I sonetti incorporati di Nikolayev costituiscono una tela verbale sulla quale disegnare la propria personale galleria di dramatis personae. Commencement Walk[4] illustra il pathos non sempre benevolo e lo sproloquio disinibito di una voce di questo tipo.

Lediz end gentelmen, un tizio qui sta cercando di attizzare la rivolta tra la gente. Per questo stiamo qui, per parlarne. Quello schifoso misfatto, ve lo dico, signorine e giovanotti, per me è una porcata totale, se mi

 

Astratto come l’aldilà, lo skyline perdonate l’esposizione proletaria. È
si tuffa all’improvviso, seguito da occhi stanchi. una merdosissima rogna da raccontare. Chi

Due ciclisti pedalano lungo il viottolo di mattoni rossi. poteva saperlo

Il marciapiede del college si asciuga in pieno sole. che da una genialata simile poteva venir fuori

Con onde traboccanti di edera baltica un disastro del genere? Chi,

e sporadiche vetrate colorate che le ammiccano, vi chiedo, si prenderà le sue respon-

recinzioni di ferro battuto accompagnano il nostro andare sa-bilità? Quel finocchio strabuzza gli occhi e
superiamo rododendri nel nostro lento incedere.T resta di stucco! Bell’idea da froci! In altre

Nessuna matricola né uomo di classe medio-alta può parole, per dirvi solo il succo e

spiegare lo schema necessario la morale di tutta la storia, permettetemi di dirvelo

illustrato. Svegliatevi, muovetevi, resistete. in due parole. Comprensibilmente
dicendo che sapete cos’è che vi fa camminare. Ci ha seccato parecchio cacciare la vostra preda, o essere prede e cacciati. quella bestia disgustosa, la carogna là
Non siamo liberi. La vita ci conduce per i polsi. fuori. E vi dirò una cosa da signor Giudice, io conduco le mie indagini. Non esiste che devo trovare il tizio “colpevole” o “non colpevole”. Mi fregava solo di dare la sua parte a madre giustizia (per le nostre anime peccatrici)!

Doveva essere fermato così l’abbiamo tirato sotto con la macchina e amen.

 

La voce ragionevole, educata ed anche esausta del sonetto è posta in competizione con la “schifosa genialata” della poesia-contesto. Le poesie sono presentate come due personaggi di un dramma, il protagonista condannato e il tetro pagliaccio, la voce di una folla rozza e omicida. Il dramma ci viene presentato tramite l’“esposizione proletaria” e può essere desunto dai versi: la cerimonia di diploma, la folla, il presunto delitto, la morte ingiusta, le riflessioni fataliste, il cordoglio. I sonetti incorporati sono un palcoscenico per le molteplici voci del poeta, che forniscono gli elementi necessari al dramma: personaggi e conflitto.

Se vi è una costante nella poesia di Philip Nikolayev è la sua versatilità. Attingendo a una moltitudine di linguaggi, usa il suo amore per il dialetto, l’umorismo, l’ortografia creativa e la mescolanza culturale per indurre i suoi personaggi – poiché sicuramente possiamo definire tali le personae dei suoi sonetti incorporati – allo sproloquio e a rivelare sé stessi. Reagiscono alla letteratura, al linguaggio, e l’uno all’altro sulla pagina. Il risultato è una rete di relazioni che formano le combinatorie testuali del contesto nei sonetti incorporati di Nikolayev.

 

 

specialcharacters_copertinaLa raccolta più recente di Larissa Shmailo è #specialcharacters[5]. Ha curato l’antologia Twenty-first Century Russian Poetry[6] e fondato il festival Feminist Poets in Low-Cut Blouses. Ha tradotto l’opera composta in zaum Victory over the Sun[7] per lo storico ri-allestimento del Los Angeles County Museum of Art ed è uno dei traduttori della Bibbia in Russia per l’American Bible Society. I suoi altri libri di poesia sono In Paran[8], il pamphlet A Cure for Suicide[9] e Fib Sequence[10]. Ha pubblicato i  CD di poesia The No-Net World e Exorcism (presso l’etichetta discografica SongCrew), per i quali ha ricevuto il New Century Best Spoken Word Album Award.

 

 

 

[1] The Cure in Philip Nikolayev, Letters from Aldenderry, Salt Publishing, Cambridge 2006.

[2] Philip Nikolayev, Letters from Aldenderry, cit.

[3] Shakespeare and the Pathos of Rambling in James Wood, The Irresponsible Self: On Laughter and the Novel, Farrar, Straus and Giroux, New York 2004.

[4] Commencement Walk in Philip Nikolayev, Letters from Aldenderry, cit.

[5] Larissa Shmailo, #specialcharacters, Unlikely Books, Lafayette 2014.

[6] Larissa Shmailo (a cura di), Twenty-first Century Russian Poetry, Big Bridge Press, Pacifica 2013. Qui potete leggere la prefazione.

[7] Aleksei Kručënych, Victory over the Sun The First Futurist Opera (1913), traduzione di Larissa Shmailo, Červená Barva Press, Somerville 2014.

[8] Larissa Shmailo, In paran, BlazeVOX, Kenmore 2009.

[9] Larissa Shmailo, A Cure for Suicide, Červená Barva Press, Somerville 2008.

[10] Larissa Shmailo, Fib Sequence, Argotist Ebooks, Liverpool 2011. Qui il testo in pdf.

 

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