Sulla letteratura africana, la lingua e la politica delle storie

scritto da |22 marzo 2017|

di Ikhide Ikheloa, “Jalada”, traduzione di Daniela Esposito.

 

“Le urla di autori dalla prosa ingegnosa, alla maniera di James Joyce, Faulkner, Nabokov, Cormac McCarthy e Shirley Hazzard, stanno diventando sempre più rare, sacrificate sull’altare del minimalismo” Chigozie Obioma[1].

 

Molte lune fa (sì, lune!), in preda alla nostalgia e al desiderio dell’Africa che mi ero lasciato alle spalle per l’inferno di Babilonia, scrissi un pezzo di creative non-fiction pieno zeppo del genere di cose che ci si aspetta da uno scrittore africano. C’erano lune, corruzione e roba del genere. Lo inviai a un giornale occidentale e fu accettato per la pubblicazione. Questo è quello che scrisse uno degli editor in una mail in cui ero in copia:

“Ho un debole per questo tipo di scrittura entusiastica di persone, il più delle volte africane, asiatiche o caraibiche, il cui inglese è molto diverso dalla gran parte degli stili angloamericani”. […]

Il declino della lingua nell’era dell’inglese

scritto da |22 aprile 2015|

The Fall of Language in the Age of English di Minae Mizumura è un appello illuminante alla consapevolezza del ruolo delle lingue del mondo e del loro destino in un’epoca in cui l’inglese è diventato la lingua “universale” dominante.

di Minae Mizumura, “Publishers Weekly”, traduzione di Gabriella Tonoli. […]